venerdì 29 maggio 2015

BUONA FESTA!!! A MERCOLEDì!!!

Buon fine settimana, buon ponte e buona festa della Repubblica.
Noi ci rivediamo mercoledì, non mancate e mi raccomando...in corno al rinoceronte!!!
Baci da noi tre!

mercoledì 27 maggio 2015

REBECCATE A PUNTATE CON AIUTO...VOSTRO!!! PRIMO EPISODIO.

Ciao piccoli rinoceronti tristi. 
La questione è questa: il racconto è già scritto, ma adoro sperimentare, quindi mi piacerebbe scrivere con voi il racconto parallelo, ovviamente se avete voglia, idee e se vi piace lo spunto. Potete inserirvi adesso o negli episodi successivi, potete essere citati o rimanere anonimi su vostra richiesta. Se vi va scrivetemi qui: latristezzadelrinoceronte@gmail.com Oggetto: Rebeccate a puntate. 

Spero di leggervi presto, rimanete con noi e in corno al rinoceronte!!!



...E PASSI IL RESTO DELLA VITA A IMMAGINARE UN ALTRO FINALE di Rebecca Garrone

Mio padre si è spento una notte di aprile, senza darmi l’occasione di salutarlo, senza aspettarmi. Ho sempre avuto l’illusione, o meglio, la speranza, che esistesse un filo invisibile tra le persone care, quel tipo di legame che dovrebbe far presagire l’arrivo di una disgrazia. Quindi mi sono sempre esercitata ad acuire la mia sensibilità in questo senso.
Dopo la prima grande perdita della mia vita, però, ho creduto a lungo che con mio padre non ci fosse quel legame speciale o che forse io non fossi tanto sensibile come immaginavo. Alla fine ho capito che, se succede qualcosa a una persona per me importante, ci devono essere una serie di coincidenze fortunate per arrivare in tempo.
Quella sera non ero in casa, e quando ricevetti la chiamata di mia madre, lui si era già arreso. E io ancora vivo col pensiero che forse avrei potuto fare la differenza. Quindi ho abbandonato fili e sensibilità e ho cominciato ad allenare le gambe. Perché il segreto è correre sempre. Correre nel senso di esserci, prima che sia tardi, per non dover passare la vita a farsi domande che non troveranno mai una risposta. E non perché non ce ne sia una, ma perché è difficile da accettare: potevo fare di più, potevo godermelo di più, avrei potuto...avrei dovuto...ma non ci sono arrivata, non ci si arriva mai e alla fine è la vita ad avere il sopravvento.

Quando si perde un punto di riferimento importante, non si è mai abbastanza forti per opporsi alla corrente degli eventi e di solito è facile perdersi nelle burrasche della vita.
Dopo il funerale di mio padre, mi imposi, quasi inconsciamente, di non reagire alla situazione e, troppo arrabbiata con la vita e con dio, mi lasciai trascinare dalle circostanze creandomi una vita con persone sconosciute e sbagliate.
Fu in quel momento che decisi di aprire un blog anonimo per sfogare rabbia, frustrazione e raccogliere i pensieri.

BLOG.LA RABBIA DEL MOSCERINO

26.06.2009
Sono passati tre mesi da quando papà è morto. Non esco di casa da allora. Ma questa sera la mia amica Chiara ha insistito così tanto, così è un’ora che mi faccio violenza e fingo di divertirmi. Siamo in un locale dei Murazzi, c’è tanta confusione. Avrei bisogno di un diversivo per abbandonare la ressa.
Eccolo.
Sembra aver captato le mie richieste d’aiuto, ma forse mi sbaglio.Si avvicina.
Nella confusione nessuno si è accorto che le nostre mani si stringono. Mi porta in una zona del locale chiusa al pubblico. Lo seguo con sollievo.
— Ciao io sono Rachid.
— Marica. Fai il buttafuori?
— Sì...sei molto bella.
Sorridendo imbarazzata lo ringrazio.

— Di dove sei?
— Marrakech.
— Li hai i documenti?
Chiedo con fare scherzoso, mantenendo un sorriso rassicurante.

 
— Certains.
Chiacchieriamo ancora. E’ una persona piacevole. Ha gli occhi buoni che rivelano una tristezza velata, forse nostalgia per la sua terra.
 

Ora deve tornare a lavorare. Mi chiede il numero di telefono e salutandomi mi bacia.
Torno da Chiara e giustifico in qualche modo la mia assenza.
— Scusami...c’era coda in bagno.
Io e Rachid passiamo il resto della serata a guardarci furtivamente. E torno a casa pensando che non sia stato l’incontro della vita, ma che distrarmi un po’ non può farmi che bene.
Ci vediamo tutti i giorni da un mese. Sto bene e mi aiuta a distrarmi, anche se mi ha mentito sui documenti. E’ arrivato in Italia quattro anni fa, a Caserta, raggiungendo un cugino della madre con un permesso di lavoro stagionale. Scaduto il documento, i parenti che lo ospitavano l’hanno cacciato, arrivando anche a cambiare la serratura di casa. Così dopo disavventure varie ora è a Torino.
Ha un lavoro, un letto in una stanza con altri connazionali e forse la possibilità di regolarizzare la sua posizione.
Rachid crede nel sogno italiano, lui crede in qualcosa. E’ bello sentirlo raccontare e vedere come gli brillano gli occhi.
—Amo l’Italia da quando sono piccolo.
Con l’italiano non se la cava male. E’ attento e curioso. Sicuramente imparerà velocemente.
Mi fido di lui e ho finalmente abbassato la guardia.

Dopo esattamente un mese, feci la disarmante scoperta di...



martedì 19 maggio 2015

PERCHE' LA TRISTEZZA DEL RINOCERONTE. OGGI VI SVELIAMO IL MISTERO!!!


La tristezza del rinoceronte nasce da un’immagine. E come tutte le immagini fanno, ci ha suscitato dei pensieri che si sono allargati a macchia d’olio, fino a diventare un blog.

Cercherò di partire dall’inizio.

Nell’immaginario collettivo il rinoceronte è un animale mastodontico e fiero, probabilmente cattivo e incazzato, o almeno era quello che mi aspettavo prima di vederlo.

Invece, sarà la cattività in cui è costretto a vivere e forse anche complice quella giornata calda e un principio d’afa, ma Freddy, il rinoceronte dello Zoom di Cumiana, mi si è presentato così.




Come sempre faccio mi sono immedesimata in quella bestiola annoiata. Ho pensato a cosa voglia dire essere un animale in via di estinzione, ho pensato alla pressione che deve subire tutti i giorni. 
Magari Freddy, come i suoi pochi fratelli sparsi per il mondo, non ha voglia di procreare. E invece all’epoca della mia visita allo Zoom “aspettava una compagna” che doveva arrivare a giorni, non ricordo da dove. Una compagna scelta da chi? E se Freddy volesse morire solo, single e senza prole?
Si trova a subire imposizioni ed è costretto a seguire “quello che è giusto”, secondo chi poi? 


Il siparietto che mi sono immaginata è all’incirca questo.

Una grande folla in tumulto, cori da stadio:

—Scopa Freddy, scopa!!!
E il povero Freddy, suda e pensa:

A me sta Rinocerontessa proprio non mi piace. E poi che modi? Nemmeno un po’ di intimità per fare due chiacchiere. E chissà chi è tutta questa gente? E poi chissà perché vogliono che mi unisca a questa disponibilissima signora.


Insomma il rinoceronte ci rappresenta in quanto persone che tentano di fuggire alle imposizioni, ma che il peso di quelle imposizioni lo sentono e se ne rattristano; che vorrebbero allontanarsene e tentare altre vie, strade non battute, magari difficili.

E ancora ci rappresenta in quanto esseri umani in via di estinzione, ché la tenacia nel perseguire obiettivi e l’emancipazione spesso lascia soli, incompresi e quindi tristi. 

Questo blog è un mezzo per obiettivi più grandi e ambiziosi. Ognuna di noi metterà in gioco la propria passione e non solo, con la forza di un rinoceronte e con quel pizzico di tristezza consapevole che poi è tipicamente donna, come noi. 

Siamo alla ricerca di confronto, crescita e di un po’ di esperienza social. 

E ora siamo qui...noi e il rinoceronte triste! 

Continuate a stare con noi e in corno al rinoceronte!

Rebe, Chia e Tati.

venerdì 15 maggio 2015

CUORI CORAGGIOSI di Tatiana Mantovan


Il termine psicologia deriva dal greco psyché = spirito, anima e da logos = discorso, studio. Letteralmente la psicologia è quindi lo studio dello spirito o dell'anima. Questo è quello che ci insegnano il primo anno di università, ma dopo anni di studio, esperienza sul campo e vita vissuta, per me la psicologia è altro.
Per me significa prendersi cura di sé. Trovo coraggiosa ogni persona che sceglie di fare questo passo, di avvicinarsi a qualcuno che lo possa aiutare. Significa che ci si è data la possibilità di soffrire, ma significa anche saper chiedere aiuto e accettare che in alcuni momenti della vita non ce la si può fare da soli.
Il percorso è duro e difficile e diciamocela tutta, non è detto che funzioni. Ma ciò che è certo è che si intraprende insieme e si lavora e fatica in due per poterlo affrontare, arrivare ad una maggiore consapevolezza di sé e scoprire nuove lenti da indossare attraverso cui leggere se stessi e il mondo.
Siate coraggiosi e provate a non aver paura.

Il primo cuore coraggioso è quello di Roberta.

Volevo parlarti di ciò che mi sta capitando in questo periodo. I miei genitori si sono separati da pochi mesi a causa del tradimento di mio papà; mia mamma sta molto male e non esce di casa, piange tutto il giorno e non si alza dal letto. A me spiace molto vederla cosi e cerco di starle vicino il più possibile, anche fisicamente.
Quando, però, mi capita di uscire di casa per svagarmi un po', mia mamma ha veri e propri scoppi d'ira, mi urla contro e fa picchetto davanti alla porta per non farmi uscire.
Ciò che mi fa soffrire di più di questa situazione è che da un lato mi sembra non si accorga e non apprezzi quanto in realtà io stia facendo per lei, dall'altro a volte non mi sento libera di vivere la mia vita e rinuncio a uscire, nonostante sappia che, se lo facessi, non ci sarebbe nulla di male. Come posso fare?”

Penso che i tuoi vissuti siano assolutamente normali: vedi tua mamma stare così male e fai il possibile per farla stare meglio. Tua mamma sta vivendo un momento di crisi profonda e molto probabilmente sente il bisogno di vicinanza fisica, più che di quella emotiva. Il fatto di essere rimasta sola dopo anni di condivisione con un uomo l'avrà scompensata e ora starà cercando questa condivisione e vicinanza in te. Probabilmente il fatto che tu esca di casa per svago le riattiva una sensazione di abbandono e di paura che anche tu la lascerai sola, per questo ne deriva quella rabbia.
Credo che passare il tempo con lei sia una buona strategia, ma anche vivere la tua vita deve esserlo per te. Anche per te, infatti, sarà un periodo difficile e io non sacrificherei i momenti che ti prendi per te stessa, in quanto li trovo funzionali per poter reggere la situazione e ritagliarti degli spazi di condivisione di pensieri ed emozioni legati alla separazione dei tuoi genitori, che dovrai elaborare anche tu.
Credo, inoltre, che questa possa essere solo una fase transitoria in cui la tua mamma imparerà a interiorizzare la tua vicinanza e sentire che ci sei per lei, anche senza la tua presenza fisica. A maggior ragione, quindi, cercherei di non assecondarla sempre nel suo desiderio di tenerti a fianco a lei, in quanto, per i motivi detti prima, lo trovo funzionale per entrambe.
Comprendo che possano emergere sensi di colpa a saperla a casa da sola a piangere, mentre magari tu sei fuori a divertirti, ma dovresti provare a pensare quanto questo in realtà non sia disinteresse o cattiveria nei confronti di tua mamma, ma quanto possa essere protettivo per l'equilibrio di entrambe.


Continuate a scrivermi, rimanete con noi e in corno al rinoceronte.

Tati

giovedì 14 maggio 2015

Storie di vita

Questa è la storia di Amedeo.
Amedeo è un bell'uomo di 45 anni, sposato con sua moglie da 18. Nel corso di questo periodo possiede diverse attività, tra cui un supermercato. Si può dire che sia benestante, vive con lei in una villetta fuori Torino e cresce come un padre la figlia di lei, che era ragazza madre. Non fa mancare loro nulla, le vizia e le ama ambedue. Nel corso degli anni, ovviamente a un certo punto si fa viva la crisi: lui deve chiudere le sue attività e rimane senza lavoro. Poco male, vende una casa e ne ricava 250000 euro, coi quali vive bene. Certo, finché non trova un lavoro non si può strafare...ma la moglie, dopo 18 anni di matrimonio e nonostante la disperazione della figlia di lei (che ora non le parla più), lo lascia, principalmente perché si sente trascurata. Allora Amedeo va a vivere da solo e incontra Uber: comincia a lavorare, a lavorare tanto perché lavorare lo aiuta a non pensare a lei, a sua figlia che non lo era davvero, ma che si è cresciuto e che gli manca molto, come a lei manca lui. Esce in macchina e parla con tante persone e si distrae e comincia quasi a capire le motivazioni di sua moglie ed è pur sempre arrabbiato, ma prova a capire. Un uomo salvato da uber.
Chiara Turin 

domenica 10 maggio 2015

Rebeccate 10.05.2015

Ciao a tutti! Ho deciso di celebrare la mia “prima volta” qui con questo
raccontino che è stato anche l’esordio al corso di scrittura creativa che
sto seguendo.
Attendo i vostri pareri, consigli, suggerimenti.

Buona lettura e in corno al rinoceronte!!!

ALLUVIONE DELL’ANIMA - di Rebecca Garrone.
Stava morendo.
Sentiva le forze abbandonarlo lentamente, ma non era spaventato. Da
qualche tempo l'idea della morte gli dava sollievo. Era stanco e la stava
aspettando, come quando, rassegnati, si aspetta l'autobus in un giorno in
cui si ha fretta.
Da quando era rimasto solo, aveva pensato spesso di lasciarsi morire. Ma
non lo poteva fare: aveva dato la sua parola.
In quel momento, però, non dipendeva da lui. Si opponeva alla forza
dell'acqua da troppo tempo e sapeva di non poter resistere oltre. L’unico
motivo che lo obbligava a esasperare i suoi muscoli e i suoi tendini era
quella promessa che lei, una volta, gli aveva strappato. Una forza
innaturale non gli permetteva di arrendersi.
Abitava poco fuori Genova e la pioggia lo rendeva triste.
Aveva il potere di mettergli un enorme e pesante macigno sul cuore.
La casa lo stava soffocando, e quel nove ottobre aveva deciso di uscire
per una passeggiata serale, senza badare alla pioggia incessante e agli
insistenti allarmi meteo.
Aveva bisogno d'aria, di una tregua da quei brutti pensieri.
Come sempre passò davanti allo specchio accanto alla porta,
soffermando lo sguardo sui capelli canuti. Il volto, adornato da rughe
profonde, era il riflesso di una vecchiaia che gli apparteneva solo in parte
e che era convinto di non meritare.
Uscì.
Il cielo era scuro e lui camminava instancabile. Da molte ore l'acqua era
ormai diventata incontenibile, e lui, si era soltanto sentito travolgere. In
pochi secondi l'acqua lo aveva inghiottito: gli argini del Bisagno non
erano riusciti a contenere la rabbia del torrente. In quello stesso istante, si
era reso conto che il suo cuore non poteva più sopportare tutto quel dolore.
L'istinto di sopravvivenza l'aveva spinto a cercare un appiglio, e dopo
essere stato trascinato per un centinaio di metri, era riuscito ad
aggrapparsi alle grate di una finestra.
Trovandosi così, ferito e prostrato, l'unico pensiero che gli dava la forza
di resistere era lei, la donna con la quale si era illuso di invecchiare.
Sempre lei, che si era spenta in un giorno grigio come quello e che, da
quell'istante, gli aveva fatto maledire Genova, la pioggia e la sua stessa
vita.
Si erano conosciuti in ospedale. Lui faceva l’infermiere. Lei, invece, era
abitata da un male che a poco a poco la stava divorando.
L'aveva amata da subito: amava la sua enorme forza concentrata in un
corpo così esile. Lui aveva creduto in quell’amore che lo aveva fatto
sentire potente e in grado di salvarla.
Era un romantico malinconico, una di quelle persone che soffrono per le
ingiustizie del mondo. Un empatico, un po’ burbero ma con un gran
cuore, che in lei aveva trovato la sua pace.
Lei lo aveva capito subito, le bastava uno sguardo per capire le persone.
Sapeva di non avere molto tempo e gli aveva insegnato a gioire per le
piccole cose e per ogni giorno regalato. Prima di lasciarlo per sempre, lo
aveva legato a filo doppio con la vita rubandogli un ultimo giuramento.
—Sono così stanca...avvicinati. Devo chiederti una cosa importante.
Giurami...che sarai anche i miei occhi e che vivrai...
—Ma che dici...i tuoi occhi? ...sì te lo giuro...mi senti? Te lo giuro…te lo
giuro…

Delle voci provenienti dalla casa lo rubarono ai suoi pensieri. Vide una
mano tesa e la possibilità di mettersi in salvo. Era l’ennesima occasione di
tenere fede all’impegno preso. Doveva solo scegliere tra il violento
ritorno alla vita o il dolce e consolante abbraccio della morte.
Furono attimi eterni e alla fine, a scegliere, fu una forza non sua. Un'altra
volta, l'amore per quella donna l'aveva spinto verso il gravoso sacrificio
di vivere anche per lei.

domenica 3 maggio 2015

Karmageddon

Bisognerebbe essere persone che pensano alle conseguenze delle proprie azioni, persone che non agiscono soltanto per se stesse, ma tenendo conto del dolore che potrebbero arrecare. Anche perché non vorrei ripetermi, ma a sto cazzo di karma non sfugge nulla.
Chiara 

sabato 2 maggio 2015

La verità

La verità è che non stiamo bene. La vera verità è che pochi stanno bene, forse nessuno.
Così un giorno Rebecca è andata allo Zoom ed è rimasta sconvolta dalla riservatezza/solitudine/tristezza di 'sto cazzo di rinoceronte e da allora ci magona con una certa regolarità con le foto di questa tenerissima creatura. 
Io sono Chiara, un'antropologa che non fa l'antropologa.
E poi c'è Tatiana, una psicologa che cerca di fare la psicologa. 
Siamo amiche, siamo pazze, non sarà semplice. Ma siamo qui.