venerdì 24 luglio 2015

Giovani, belle e cretine...


Latristezzadelrinoceronte Corporation è lieta di presentarvi 
il progetto che ha commosso solo le loro madri:
GIOVANI, BELLE E CRETINE...
Buona visione!




lunedì 20 luglio 2015

LA MAMMA E’ SEMPRE LA MAMMA

Non è un modo di dire a caso, ma sottintende quanto sia forte il legame tra madre e figlio. Parliamo di attaccamento: quel tipo di rapporto che consente la sopravvivenza della specie umana e si attiva in caso di vulnerabilità. Questa relazione consente di riconoscersi come individuo e di stabilire i primi rapporti con il mondo circostante.
Non tutte le relazioni di attaccamento sono uguali, vediamo se riconosci la tua…

LA DISPONIBILE
Mamma che dà conferme alle emozioni dei figli, rispondendo ai loro bisogni. I figli saranno collaboranti, pieni di risorse e parleranno con i genitori entrando in relazione intima con loro.

L’ASSENTE
Mamma che respinge le richieste dei figli. Questi sentiranno svalutate e senza significato le proprie emozioni. Saranno individui isolati, ostili, distanti dai genitori e che non si sentiranno amati e amabili da nessuno, pensando di non suscitare attenzione e interesse nell'altro e di non riuscire a cavarsela da soli.

L’IMPREVEDIBILE
Le risposte alle richieste dei figli a volte arrivano e a volte no. La sensazione è che le emozioni siano valutate in modo ambiguo, cioè che a volte possano emergere nella relazione e altre no. L'idea perciò è che la mamma ci possa essere, ma anche no. Ciò comporta, nei figli, una limitazione nella voglia di esplorare il mondo. Non si è certi di ritrovare la mamma al ritorno e nemmeno della sua protezione, con conseguente attaccamento eccessivo alla figura materna. Crescendo si alternano la voglia di libertà e la ricerca di vicinanza. I figli dell”imprevedibile” saranno tesi oppure passivi, molto tristi e insicuri e in perenne ricerca di attenzione, perché, se da un lato si percepiscono amabili, dall'altro si sentono deboli e incapaci. Stringeranno relazioni in cui alternano intimità ad ostilità.

LA PROBLEMATICA
La mamma sta passando un brutto momento, come un trauma o un lutto, e ancora non riesce a venirne fuori. Il suo comportamento è imprevedibile, ma in senso dissociato e disorganizzato perché immersa in un mondo interiore doloroso. Alla base di questo rapporto c'è la paura e i figli percepiscono e assumono un triplice ruolo:
•vittime. Spaventati dalla paura e dalle alterazioni della mamma;
•carnefici. Possono riattivare tutta una serie di emozioni legate all'accudimento, l'affetto, l'amore e la tenerezza, che però nella madre sono associate ad eventi dolorosi;
•salvatori. La madre riesce anche a trarre conforto dalla loro vicinanza. Il rischio è quello di crescere figli disorientati e non integrati.

Ovviamente non c'è colpa da nessuna parte. Non bisogna colpevolizzare la propria madre per come ci ha cresciuti e per come ci sentiamo ora. Sicuramente molto di noi deriva dal rapporto che abbiamo stretto con lei sin da piccoli. Ma cambiamo prospettiva: proviamo a non pensare che non ci abbia dato tutto, che ci abbia trattati male o che ci abbia trascurati ecc., proviamo a pensare che quello che ha fatto è stato il meglio che poteva fare, il meglio che poteva donarci in quel momento della sua vita.

lunedì 13 luglio 2015

III EPISODIO. REBECCATE A PUNTATE.

Se vi siete persi le parti precedenti, trovate il racconto completo nel link in alto a sinistra. ... E PASSI IL RESTO DELLA VITA A IMMAGINARE UN ALTRO FINALE.

III PARTE

Mi presi un paio di giorni di tempo, cercando di ricordarmi di respirare.
Spesso mi ritrovai soprappensiero a rassicurare il mio piccolo inquilino con una carezza, sorridendo, ma con quel sorriso amaro di chi una decisione, in cuor suo, l’ha già presa; decisione stupidamente dettata dalla convinzione di non poter deludere più, perché fatto troppe volte. 
Pensai alle due bocciature a scuola, le notti fuori casa e a quegli amici sempre troppo poco raccomandabili per mia madre. Ero lobotomizzata dal dolore e dal senso di colpa. 
I giorni prima dell’intervento furono un susseguirsi di pensieri, di rimproveri a me stessa, di preghiere di poter tornare indietro. E poi quella domanda insistente:
-Perché adesso? Perché proprio in quel momento di vita così delicato e perché con
quell’uomo appena conosciuto. Perché non qualche anno prima, quando questo tipo di notizia avrebbe forse dato una svolta al fidanzamento che oramai portavo avanti, stancamente, da anni.

I MIEI PERSONALISSIMI SALVAGENTE

Rachid fu deleterio e annientante visto da una prospettiva limitata e superficiale. In realtà il suo incontro innescò tutta una serie di reazioni a catena che, ora lo posso dire, mi salvarono la vita.
Decisi che la mia missione fosse aiutare Rachid ad ottenere i documenti: per salvare almeno il padre del figlio a cui avevo rinunciato.

Sfruttammo il decreto flussi.
Alla fine servivano soldi, una casa e una persona che garantisse per lui. A trovargli un posto di lavoro fittizio ci avrebbero pensato i padroni del locale dove faceva il buttafuori.
Usai l
eredità di papà e a quel punto fui sicura di aver individuato la mia missione. Avevo i soldi, un enorme debito con la vita e una persona che aveva bisogno di me.

LA RABBIA DEL MOSCERINO 

23.11.2009

Sto andando da Rachid, per accompagnarlo a lavoro. Sono in anticipo perché dopo aver insistito tanto, questa sera finalmente mi farà salire a casa. Non è convinto, ma io, visto che tra meno di un mese vivremo insieme, voglio vedere la sua quotidianità.
Corso Vigevano, ci sono. Faccio due piani di scale e lui mi attende sul ballatoio.
-Io sono già pronto
...possiamo andare.
Mi dice imbarazzato.

-Ma come? Fammi entrare dai, volevo un bicchiere dacqua. 
Mento.
Lui è in difficoltà, ma io sono troppo curiosa per preoccuparmi.

Entriamo. 
Non mi aspetto di sicuro una reggia, ma per un attimo ho sentito il cuore stringersi. Forse non avrei dovuto insistere. Cerco di non dare a vedere il mio disagio per lui e esploro la casa.
-Carina. Qui è dove dormi tu?.
Indicando un letto a caso dei quattro presenti. 

-Si.
Mi risponde fingendo di sistemare dei vestiti.
-Fa freddino, avete il riscaldamento?
Non mi risponde e mi indica una stufetta elettrica. 

-Dividi la stanza con altre persone?
-Sì, un amico.
Non vado oltre, mi rendo conto di essere stata oltremodo invadente. Ma sono felice di portarlo via dal quel posto. La doccia è in cucina accanto al lavello e fa veramente molto freddo. Non riesco a trattenermi e gli chiedo ancora del bagno e lui, un po
’ spazientito, mi racconta della "turca" sul ballatoio.
Decido che è tardi e che è ora di andare.


Non sono ricca, anche Nichelino, la mia città, offre spesso scene di degrado, ma la vista di tutta quella miseria e del modo dignitoso di quel ragazzo di portarsi addosso con estrema leggerezza il peso dellindigenza, mi fecero commuovere. E decisi che meritava unoccasione.

La nuova casa aveva una cucina color petrolio che me ne fece subito innamorare. Da lì partì la nostra movimentata avventura... 

martedì 7 luglio 2015

La scorsa settimana ho fatto piangere la mia mamma

La scorsa settimana ho fatto piangere la mia mamma.

Si parlava di come il rapporto madre-figlio cambi con gli anni: di come si cerchi di allontanarsi da lei, di come, magari, si parta e si vada all'estero per un periodo; di come non si riesca ad andare d'accordo in nessun modo, come se si appartenesse a due mondi lontani anni luce, quando invece ci separa solamente una generazione. Di come non si riesca a trovare un modo per far funzionare il rapporto, se non la distanza.
Poi le cose cambiano: il tempo passa, la distanza aumenta, l'assenza ne sottolinea la mancanza. E allora parte da noi quella chiamata in più, quel messaggio, quella mail lunga in cui le chiedi notizie e cerchi di spiegarle alcune emozioni. Arriva la voglia di starle vicino, di passare più tempo con lei, vedere un film insieme, cucinare, andare a fare shopping. Il tempo fa il suo egregio lavoro e ci ritroviamo così a pensare che non c'è poi molto tempo, che lei è una e sola e bellissima. Non è perfetta, non ha fatto tutto nel modo migliore possibile, ma chi lo ha fatto? Chi nasce sapendo fare questo lavoro incredibile e difficilissimo che è essere madre?

Rita, mia mamma, ha pianto perché ha pensato ad Agnese, la sua mamma, alias Donna Ines. Una donna d'altri tempi: 96 anni di vita, 10 figli (ecco perché ho parenti sparsi su ogni continente), non so più quante malattie affrontate e superate. Non era una persona facile mia nonna, sembrava uno dei personaggi delle saghe familiari di Garcia Marquez: era abituata a governare un impero e ne era davvero la regina. Per mia mamma, però, aveva un amore speciale, la rispettava e teneva in gran conto la sua opinione.
Quando mia mamma a 18 anni se ne andò di casa, lo fece per liberarsi, ma aveva un groppo in gola. Era troppo giovane ed era sola nella Città Eterna, senza mamma, senza fratelli, senza nessuno.
Gli anni passarono e da Roma si spostò a Torino, conobbe mio padre ed ebbe due bimbe. Così che quando molti anni dopo mia nonna si trasferì da Napoli a Torino, mia mamma ebbe il modo e il tempo di recuperare gli anni perduti e conoscerla di nuovo.
Riscoprì così una donna diversa, più fragile, ammorbidita dal tempo e dagli eventi. Aveva bisogno di lei più di quanto avrebbe mai potuto pensare e infatti non appena aveva un momento libero si precipitava da lei.
Eppure i rimpianti sono delle brutte bestie, ci si ritrova a pensare a cosa avremmo potuto fare di più, cosa avremmo potuto e dovuto dire, quali aspetti sarebbero dovuti cambiare.

Il tempo, il tempo aggiusta le cose e modifica le persone, le emozioni, le sensazioni che ci danno. È il motivo per cui le coppie divorziano e le amicizie finiscono o rinascono o cambiano direzione. Niente rimane uguale a se stesso, se non la sensazione che vedere la propria mamma piangere, ci faccia piangere.
Avessi un bicchiere di vino brinderei alla mia mamma, perché nessuna mamma è perfetta ma in qualche modo tutte lo sono e se siamo quelli che siamo è solo grazie a loro.

Chiara