giovedì 2 febbraio 2017

Continuando ad avvinghiarmi morirò di noia

È un momento strano della mia vita. Anche le foto che scatto sono strane..è come se anche loro fossero sospese in un limbo temporale. Sono dense di riflessioni, di pensieri, a tratti confuse. Come me. 

Sono cambiate tante cose in questi mesi e altrettante ne cambieranno nei prossimi. La tristezza per l'inaspettata scomparsa di papà, quella indomabile e inconsolabile, quella per cui non vi è rimedio dal mattino appena sveglia alla sera prima di dormire, sta lentamente cedendo il passo alla paura. La paura di ciò che che è stato ma soprattutto di ciò che verrà. Alla paura si affiancano, però, la curiosità a volte, la nostalgia, ma è una nostalgia dolce, le mille cose da fare, la sonnolenza, persino la serenità in certi momenti. E la sensazione che qualcosa debba necessariamente cambiare in me, prima che in chi mi circonda o mi circonderà.

C'è che mi ritrovo ad avere poca pazienza, poca tolleranza, c'è che è come se sentissi di essere stufa di quella me stessa che ha caratterizzato gli ultimi anni, se non tutta una vita.. c'è aria di cambiamento, interiore prima che esteriore.
Una volta, tanti, tantissimi anni fa, un'amica speciale mi consiglió un libro meraviglioso. Ero piccola, ci capii poco e niente. Negli anni, però, lo ripresi in mano e scoprii delle perle inaspettate.. stamattina mi è tornata in mente questa storia, se non altro perché credo di non aver imparato nulla da essa.

“C’era una volta un villaggio di creature che vivevano nel fondo di un gran fiume di cristallo.

La corrente del fiume scorreva silenziosamente su tutte le creature, giovani e vecchie, ricche e povere, buone e malvagie, in quanto la corrente seguiva il suo corso, conscia soltanto della propria essenza di cristallo.

Ogni creatura si avvinghiava strettamente, come poteva, alle radici e ai sassi del letto del fiume, poiché avvinghiarsi era il loro modo di vivere, e opporre resistenza alla corrente era ciò che ognuna di essere aveva imparato sin dalla nascita.
Ma finalmente una delle creature disse: ‘Sono stanca di avvinghiarmi. Poiché, anche se non posso vederlo con i miei occhi, sono certa che la corrente sappia dove sta andando, lascerò la presa e consentirò che mi conduca dove vorrà. Continuando ad avvinghiarmi morirò di noia.’
Le altre creature risero e dissero: ‘Sciocca! Lasciati andare e la corrente che tu adori ti scaraventerà rotolandoti fracassata contro le rocce, e tu morirai più rapidamente che per la noia.’
Quella però non dette loro ascolto e, tratto un respiro, si lasciò andare e subito venne fatta rotolare dalla corrente e frantumata contro le rocce.
Ciononostante, dopo qualche tempo, poiché la creatura si rifiutava di tornare ad avvinghiarsi, la corrente la sollevò dal fondo, liberandola, ed essa non fu più né contusa né indolenzita.
E le creature più a valle nel fiume, per le quali era una estranea, gridarono: ‘Guardate, un miracolo! Una creatura come noi, eppure vola! Guardate il Messia, venuto a salvarci tutte!’
E la creatura, trascinata dalla corrente, disse: ‘Io non sono un Messia più di voi. Il fiume si compiace di sollevarci e di liberarci, se soltanto osiamo lasciarci andare. La nostra missione vera è questo viaggio, questa avventura.’
Ma le altre gridarono più che mai ‘Salvatore’, sempre avvinghiandosi nel frattempo alle rocce, e, quando tornarono a guardare, il Messia era scomparso, ed esse rimasero sole a intessere leggende su un Salvatore.”